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"Qua i Togni sò potentissimi"

martedì 4 dicembre 2012

ILLUMINISMO COATTO

Perdere l'amore. Essere intercambiabili. Ogni cosa è imperativa, non si oscura, anzi, è troppo illuminata, chiara, tagliente, letale nel suo esserci totale. Sperduta su di un'isola popolata soltanto da figure monolitiche: i miei oggetti. Le mie cianfrusaglie non parlano più. Non sono più le festose e vivaci incarnazioni dello spirito di quell'amore ballerino sulle labbra insidiose dell'Arte. Un crocifisso è solo un crocifisso. Più fisso che croce. -sacro/+vuoto: << Dio ti prego, fai che vada tutto bene…>> e sentire mille frustrazioni che ti assalgono perché sai bene che due legnetti incrociati e un pezzo di plastica fluorescente non potranno mai salvarti. Tutto ti si rivolta contro. Istigare un gatto alla violenza, fargli sguainare gli artigli e usarli a mò di puntasecca sulla tua pelle per scopi autolesionistici non pare poi così assurdo. Ma in fondo, non è che l'ennesimo rituale. Posso sentire ancora il sangue scorrere dentro le lunghe bluastre cannucce del mio corpo. Linee geometriche lo percorrono, tarate secondo la misura del ricordo. Semirette lacrimali scendono parallele a quelle linee immaginarie segnate sulle braccia che servirebbero ad una mia eventuale apertura permanente. Questo si che è amore. Sentire l'estrema mancanza fisica. Sentire quel corpo che più non è corrompersi via via, lento, come il latte abbandonato nel frigo. Apro quella verticale bara elettrica portavivande come se dovessi scegliere una delle tre enigmatiche porte del destino e quello che trovo è la più spiazzante patologica sete di corpo annaspare al mancare del corpo gemello maschile di lui. Davanti al bancone del suo super/corpo-mercato mi sento impacciata: << 500 grammi di magro piede alabastrino, qualche pezzo di coscia tesa nerboruta, una vaschetta di capezzoli color latte macchiato, scaglie di schiena ampia forte tela indistruttibile, un cespo di capelli folti da afferraggio-ratto-di-Proserpina, occhi rabbiosi accesi confezionati nel tetrapak salvafreschezza. Solo che è tutto scaduto. L'angoscia va sommandosi etto dopo etto. Un cartone di ovuli ancora pieni di sangue mi cade di mano sul pavimento di cocciopesto confusionario Bologna anni '70 sul quale poggia festoso e deprimente il supermercato. Osservo l'espandersi del mio dolore tra una tesserina e l'altra. Nessuna lines-idea potrà salvarmi. Su tutto il mio corpo vedo materializzarsi un trattino dopo l'altro le linee direzionali del ritaglio con tanto di forbicina in miniatura annessa. Moralmente discutibile la mia reazione da essere umano. Yamamoto Musashi appollaiato sulla cassa numero 4 mi attende per sferrare il colpo di grazia e punirmi per la mia condotta sith. Al tatto lo scontrino mi riporta al paesaggio fetish dei suoi occhi bendati con del raso di prima scelta, per questo oleoso, scivoloso, elegante. Alle spalle mi lascio il tendone circense di schifezze che dovrebbero garantire la sopravvivenza del corpo.
Torno a casa. Devo rifocillarmi. Il gatto incide reticolati sulla mia mano destra; dicono: <<sta solo giocando!>>. Bel gioco del cazzo Amico, bel gioco del cazzo!